venerdì 28 novembre 2008

Dibattito Rosmini

Pubblico il dibattito tra Città dei Diritti e Sindaco di seguito.

La discussione sul futuro della formazione professionale nella nostra città edin generale su tutto il territorio provinciale si sta facendo serrata, come ègiusto che sia.Peccato che si stia svolgendo in una forma irrituale: le pagine di un blog.Apprendo che presto il Consiglio Comunale dovrà pronunciarsi sulla questione,dopo che la stessa era attesa per la fine del mese di settembre. Purtroppo nonconosco date precise perché nessuno me ne ha messo al corrente.Non ne voglio fare una questione di metodo perché a volte questo è solo lascusa per rimandare le decisioni sine die.Vorrei, quindi, limitarmi a sottolineare alcune questioni che nel “botta erisposta” tra La Città dei Diritti ed il Sindaco sono, peraltro, emerse.Come spesso accade, è sbagliato rivestire le scelte politiche del caratteredella necessità tecnica e giuridica.Le scelte amministrative quando sono ispirate all’imparzialità e al buonandamento della pubblica amministrazione, sono tali da poter essere motivatepoliticamente, non c’è sentenza o richiamo o parere legale che tenga.Altrimenti si chiudano le assemblee elettive e si sostituiscano pure con gliuffici legali e le aule giudiziarie.La questione del Centro Professionale di Tivoli è complessa.Lo è diventata per scelta politica.E’ stata una scelta politica (giusta!) investire sulla formazioneprofessionale, allargarne gli ambiti economici e finanziari, assumere nuoviinsegnanti e personale amministrativo, iscrivere a nuovi corsi nuovi alunni.E caricare il Bilancio Comunale del rischio rappresentato dal peso di 84lavoratori tra precari e assunti a tempo indeterminato? E’ stata una sceltapolitica.Una scelta politica, quindi, deciderà se e come salvaguardarne il patrimoniodi saperi, competenze e professionalità.Non una nota della Corte dei Conti o un parere legale.La scelta politica che deciderà il destino della formazione professionaleterritoriale, dovrà, senza incertezze, indicare la preferenza per la formazioneprofessionale pubblica, indipendentemente dai modelli di gestione utilizzati(società, enti, istituzioni), senza cedimenti a quel ruolo sociale dell’impresaprivata alla quale non crede più nessuno, vista la portata della crisieconomica generale in atto e le modalità che l’hanno generata.Il perché di una chiara preferenza per il pubblico si spiega con il caratterelaico e pubblico che deve avere l’istruzione. Laica nel senso più vero deltermine, libera da qualsiasi culto, dal culto e dalle intromissioni delmercato, delle aziende e delle imprese.Il perché si spiega anche e soprattutto con la necessaria garanzia del postodi lavoro che deve essere garantita a chi nel Centro ha creduto e crede tuttoracome luogo dove realizzarsi e realizzare le proprie aspettative e i proprisogni.Inquadrare la scelta politica che sta per compiersi, in questo modo significapoter restare dentro quel polo pubblico della formazione professionale al qualela Provincia di Roma lavora da almeno 4 anni ed in questo modo intercettare lescelte politiche che l’Assessorato alla Formazione della Provincia si apprestaa definire.Al di fuori dell’irritualità cui accennavo all’inizio, c’è l’esigenza dipotere discutere pubblicamente di tutto questo, assieme al Sindaco, ailavoratori, agli studenti, alle rappresentanze sindacali tutte e tutte assiemesenza anacronistici ostracismi, alle forze politiche.Noi, che siamo una piccola realtà politica, ci assumiamo il compito direalizzare questa occasione di confronto che farà bene alla democrazia e all’amministrazione comunale.Abbiamo raccolto la disponibilità per il giorno 14 gennaio dell’Assessorealla Formazione Professionale della Provincia, Massimiliano Smeriglio.Attendiamo quella del Sindaco e di tutti gli altri attori politici e sindacalicittadini per discutere di “QUALE FORMAZIONE PROFESSIONALE SUL TERRITORIO DITIVOLI E DELLA PROVINCIA DI ROMA”.Tognazzi Jacopo Eugenio Consigliere ComunaleLa Città dei Diritti



Invio un quadro sinottico sulle sollecitazioni ricevuti nella mail di Franco Meschini.
Vorrei fare una precisazione di carattere generale: per affrontare con spirito di critica costruttiva un dibattito bisogna preoccuparsi non solo di avere gli strumenti politici di analisi e proposta ma anche, trattandosi di amministrazione, di conoscere gli scenari tecnico-amministrativi nei quali ci muove. Si evita il rischio di parlare ad esempio di ipotesi inesistenti.
Giuseppe Baisi

6 domande 6 risposte
D1. Detto questo, la prima domanda da fare è: quali scelte Anzio, Monterotondo, Fiumicino e Roma, con i loro centri di formazione comunali, stanno compiendo?Tutti pensano a scelte diverse dalla privatizzazione, sostenendo come, fa il responsabile del centro di Monterotondo che “la gestione diretta ottimizzi l’utilizzo delle risorse pubbliche” e garantisca i livelli occupazionali e la qualità dell’insegnamento.La dimensione rilevante che ha assunto nel corso degli ultimi 8 anni il Centro Rosmini,- rilevante sotto i punti di vista, economici, gestionali, formativi – sembra indurre a conclusioni enfatiche e fuorvianti.
R1. l’attività di formazione professionale così come viene realizzata nel centro di formazione di Tivoli non è paragonabile alle attività degli altri comuni. Diverse sono le domande che vengono dal territorio e diverse sono state le scelte politiche e gestionali che hanno caratterizzato il percorso. I comuni di Anzio, Monterotondo e Fiumicino gestiscono un numero di corsi minimo che va da quattro a dieci e sono tutte realtà con “criticità” interne come ad esempio la ben nota situazione di Fiumicino che ha quattro corsi, contenziosi con il personale, pochissimi alunni e quindi a rischio con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista occupazionale.
La situazione di Roma è altrettanto incerta in quanto nel passato non sono stati attivati percorsi triennali che consentono agli allievi l’accesso, previo esame integrativo, alla classe quarta dell’Istituto Superiore convenzionato e attinente alla qualifica oggetto del corso. Questo ha portato ad una perdita costante di alunni, con conseguente perdita costante di corsi fino ad arrivare agli attuali 60.

D2. La seconda domanda, infatti, è: perché il centro è cresciuto in maniera così rilevante?Proprio perché pubblica e diretta è stata la gestione del centro, si è potuto raggiungere gli standard che si sono raggiunti, avendo assicurati e certi i canali di finanziamento provinciali su fondi regionali ed europei. Non risultano performance altrettanto brillanti conseguite da centri privati di formazione professionale.

R2Sicuramente le scelte politiche della Provincia di Roma dal 2003 in poi che hanno teso a privilegiare l’offerta formativa pubblica hanno agevolato un percorso che però era già stato avviato. Il c.f.p. di Tivoli già dal 2000 ha operato dando una svolta radicale nella gestione, potenziando ad esempio l’attività di orientamento e di pubblicizzazione delle iniziative che hanno portato come conseguenza un aumento della domanda. Già dal 2000/2001 infatti le richieste di finanziamento del c.f.p. di Tivoli erano corredate dai prospetti delle classi già formate con tre mesi di anticipo sulla data di apertura ufficiale delle iscrizioni. (le preiscrizioni alle scuole superiori si facevano a gennaio mentre le iscrizioni ai corsi di formazione si fanno a tuttoggi nel mese di luglio) Naturalmente di fronte alle iscrizioni già presentate e alle classi già formate le nostre istanze hanno avuto sempre esito positivo. Ma lo stesso sviluppo non si è verificato negli altri Comuni che hanno avuto le stesse opportunità di Tivoli.
3. La terza domanda è: perché adesso scegliere una strada diversa? Perché ce lo chiede la Corte dei Conti? Ma la Corte dei Conti non ci chiede di privatizzare. Ci chiede e non oggi, ma “dal 1999”, di mettere in campo strade diverse da una gestione che potrebbe avere ripercussioni negative sul bilancio comunale.Una delle ipotesi che stanno in campo prevede che tutti i centri di formazione professionale diano vita ad un Ente Pubblico per la formazione professionale provinciale, in modo tale da garantire posti di lavoro e qualità pubblica della formazione professionale. Quanto migliore possa essere la qualità della formazione professionale pubblica lo si spiega dal fatto che la Provincia ha competenza sui Centri per l’Impiego e sui bandi della formazione professionale e quindi si spiega con la possibilità di mettere in campo un’azione di sistema che metta in rete aziende, mercato del lavoro e formazione professionale.
R3La scelta di una strada diversa oggi deriva sia dal fatto che comunque i Comuni non possono gestire la Formazione (e lo dice la Costituzione) sia dal fatto che l’attività è divenuta ormai così importante e imponente che necessita di uno strumento di gestione che le dia maggiore autonomia e libertà di azione. E anche perché lo dice la Corte dei Conti che è l’organo superiore di controllo dei bilanci degli Enti Locali. Noi non sappiamo se la corte dei conti ha fatto rilievi anche agli altri comuni, ma sicuramente non pari a noi. A luglio il Sindaco, chiamato di fronte alla sezione regionale della Corte dei conti, in merito alla contestazione sollevata sul numero crescente del personale pagato dal comune il cui trend è extra legem si è impegnato a risolvere la questione del centro di formazione attraverso la sua societarizzazione. In questo modo viene superata l’errata attribuzione diretta dei costi del personale al Comune evitando tutte le conseguenze che ne derivano. Come ho specificato sopra, l’attività di formazione degli altri comuni della provincia coinvolti nel polo pubblico è assolutamente residuale mentre per il Comune di Tivoli l’attività è una delle maggiori voci di bilancio e crea non poche problematiche non solo dal punto di vista del rispetto del tetto di spesa del personale ma anche di liquidità diretta. Tutto ciò senza andare a considerare la situazione anomala del contratto di lavoro del personale dipendente del centro.
4. La quarta domanda è: perché non viene presa in considerazione l’ipotesi di scartare la privatizzazione e aderire ad un ente strumentale della Provincia, magari soltanto in prima battuta? Si fa sempre in tempo a mettere su una società se proprio la strada del polo pubblico non è la migliore. Difficile è il contrario.Forse perché “si potrebbe verificare la possibilità che nell’ambito di una struttura provinciale alcuni docenti vengano utilizzati in altre sedi della provincia.”? Di fronte al rischio di perdere il lavoro, in tempi come questi e con un CFP privatizzato fuori il polo pubblico della formazione professionale, si pensa realisticamente che qualcuno possa aver paura di fare qualche km in più per lavorare?
R4La costituzione di una società di formazione non impedisce assolutamente al Comune di aderire ad una qualunque iniziativa della Provincia di Roma. Se la provincia di Roma si avvierà verso la costituzione di un ente strumentale, la società comunale potrà tranquillamente aderire mantenendo la sua autonomia e la sua identità, tutelando maggiormente i lavoratori dipendenti.
5. La quinta domanda è: i livelli di efficienza garantiti fin qui da responsabili e dirigenti comunali come è possibile continuare a garantirli con un consiglio di amministrazione di nomina politica?
R5Il C.d.A. detta le linee generali della società ma l’attività gestionale sarà comunque riferita al direttore del centro e, se necessario, ad un direttore generale.
6. La sesta domanda è: perché prevedere la possibilità che entrino capitali privati – fino al 49% - a gestire quello che dovrebbe essere senza fine di lucro?
R6Non vi sono previsioni di questo tipo negli atti costitutivi perché è ben specificato che ne capitale sociale possono far parte solo Istituzioni, prime fra tutte Comuni e Provincia. Non sono menzionate, e quindi non sono ammissibili partecipazioni di privati (fra l’altro la partecipazione di privati soggiace a precise regole di diritto pubblico). Conseguentemente l’offerta formativa continua ad essere pubblica.



L'onda della protesta studentesca, oltre a porre in discussione i decreti diriforma della Gelmini, punta a denunciare il tentativo di disarticolazionediquello che resta della scuola pubblica italiana dopo trent'anni dipoliticheneoliberiste.A questo punto, stante il disegno, che verrà discusso dal consiglio comunalenelle prossime settimane, di privatizzare il nostro Centro di FormazioneProfessionale , trasformandolo da istituto scolastico comunale in unasocietà a responsabilità limitata, più attenta forse ai bilanci di gestioneche allaqualità della didattica, sarebbe il caso interrogarci, come comitatocittadinoper la difesa della scuola pubblica, su cosa significa introdurre logicheaziendaliste e societarie nella gestione di un bene primario come laformazioneprofessionale in un territorio come il nostro.In ballo non ci sono solo i posti di lavoro di 70 operatori scolastici, trapersonale docente e non docente, personale precario e assunto in ruolo.In gioco c'è la qualità della formazione professionale in un contesto didesertificazione sociale ed economica, dove prevalenti sono ancora levecchielogiche di uno sviluppo scarsamente sostenibile, che misura la qualitàdellavita a partire dal denaro in circolazione piuttosto che ai livelli difelicitàe libertà di vite non riducibili ai fattori economici e finanziari.700 sono i ragazzi e le ragazze che frequentano il nostro Centro Rosmini.Ragazzi e ragazze che spesso arrivano alla formazione professionale dopoesserepassati per i licei e gli istituti tecnici, a volte problematici, lamaggiorparte figli di operai e lavoratori, precari anch'essi.Propongo che l'Onda Anomala tiburtina, nel contrastare la derivaaziendalistadi questo governo, come degli altri che l'hanno preceduto, spenda unaparolasui destini di un Centro della Formazione Professionale privatizzato informadi srl.Invitiamo alla prossima assemblea quei lavoratori e quei sindacati che sistanno battendo per il NO alla privatizzazione, per la difesa del lavoro edella sua qualità. Per la difesa dell'insegnamento pubblico nellaformazioneprofessionale.
Francesco Meschini la città dei diritti

Il Comune di Tivoli gestisce un centro di formazione professionale dall’anno 1981 in seguito allo scioglimento dell’ENAIP (ente delle ACLI)
Il centro fino all’anno 2000 aveva 8 corsi con circa 120 allievi e 14 dipendenti con contratto a tempo indeterminato e inseriti nell’elenco regionale ad esaurimento.
A partire dal 2000 con l’avvicendamento di direttore e dirigente, su sollecitazione dell’Amministrazione, le attività di progettazione del centro sono state impostate sulla base delle esigenze del territorio, proponendo una diversificazione dell’offerta formativa e puntando sullo sviluppo.
Tale gestione ha portato in pochissimi anni alla situazione attuale con circa 800 allievi, 84 dipendenti, 35 corsi (cioè il quadruplo del 2000) e a tre sedi Tivoli, Villa Adriana, San Vito Romano e prossimamente anche la sede di Castelmadama.
Nel frattempo nel campo della formazione vi sono stati cambiamenti giuridici sostanziali: la riforma del titolo V della Costituzione attribuisce alle Province la competenza gestionale della formazione e alle regioni gli indirizzi politici. Tale norma solleva i Comuni da qualunque competenza relativamente alla materia.
Nel 2004 la Provincia di Roma (unica Provincia nel Lazio -assessore Rosa Rinaldi) per mantenere viva l’attività dei Comuni della Provincia in ambito formativo ha adottato un protocollo di intesa con i Comuni per la costituzione di un polo pubblico della formazione professionale. Il polo è stato dotato di strumenti organizzativi tali che al suo interno il Comune di Tivoli e il Comune di Albano hanno potuto incrementare le loro attività, ma il Comune di Albano lo ha fatto attraverso l’agenzia di formazione ALBAFOR che l’Ente aveva già costituito dopo il cambiamento normativo.
La regione Lazio, contraria nella maniera più forte al polo pubblico voleva far dismettere le attività dei centri comunali al 31.12.2004. Tale decisione è stata superata con l’intervento della Provincia ma la comunità europea ha bocciato il protocollo di intesa provinciale e la Provincia è dovuta correre ai ripari per non perdere i finanziamenti.
Per ovviare a queste difficoltà il Centro di formazione è stato attivato per l’accreditamento conclusosi positivamente nel 2006 (ma pur sempre con una forzatura in quanto è sempre stata contestata l’esistenza di questo polo pubblico.)
Ad oggi gli unici comuni del Lazio che ancora gestiscono direttamente corsi di formazione professionale sono Tivoli (35 corsi più alcuni progetti finanziati direttamente dalla comunità europea), Anzio (6/8 corsi) Fiumicino (3 corsi e difficoltà economiche e organizzative fortissime ) Monterotondo (6/8 corsi) e Roma (60 corsi).
E’ evidente che la situazione di Tivoli è alquanto anomala all’interno del polo pubblico specialmente se paragonata al Comune di Roma ( basta guardare i numeri). Questa situazione ha forte influenza sul bilancio comunale e non dà alla struttura quella autonomia di cui avrebbe bisogno per sviluppare ulteriormente le attività. Oltre a ciò vanno ricordati i rilievi della Corte dei Conti che dal 1999 sollecita l’Ente alla risoluzione del problema. Infatti i lavoratori della formazione professionale sono fuori ruolo poiché i finanziamenti della formazione professionale sono vincolati all’applicazione al personale del contratto di lavoro di categoria. Da ultimo è intervenuto il D.L. 112 del 2008 (c.d. finanziaria d’estate) a complicare ulteriormente la situazione, restringendo l’operatività del comune nel campo delle assunzioni come, purtroppo, verificato direttamente dal personale precario che non ha potuto beneficiare della stabilizzazione.
Tutta questa situazione porta incertezza e ulteriore incertezza viene trasmessa dalla precarietà e provvisorietà del nuovo protocollo provinciale della durata di mesi 5 studiato apposta per evitare la dismissione dei corsi nei comuni non accreditati.
Già dal 2003 la Giunta regionale aveva adottato una delibera (D.G.R. 736/2003) che al punto 3) del dispositivo testualmente recita:
“ di stabilire che le amministrazioni interessate, entro il termine massimo del 31.12.2004 devono provvedere a definire forme di gestione delle attività di formazione professionale, attualmente facenti capo ad alcune amministrazioni comunali, conformi al vigente quadro normativo. Nelle more. le predette amm.ni com.li possono continuare ad operare nella formazione professionale quali soggetti attuatori.”
In questo contesto è evidente che urge assumere decisioni che definiscano la questione sotto tutti i punti di vista. La Provincia di Roma sta elaborando un progetto per la costituzione di una struttura che si occupi di formazione ma nella situazione complessiva del polo pubblico come sopra descritta quali garanzie ci sarebbero per il centro di Tivoli inteso nella sua complessità: allievi e lavoratori?
La scadenza dell’efficacia del protocollo comporterà una posizione anomala del Centro di Formazione Professionale “A. Rosmini” che si troverebbe nella condizione di non poter accedere ai bandi, poiché è diretta espressione di un ente, non abilitato alla gestione della formazione professionale ai sensi della L.R. n. 14/1999.
Tutti gli sforzi fatti dal Comune per assicurare locali, attrezzature, inserimento delle attività del centro in una rete di servizi distrettuali che ne garantisce e ne tutela l’esercizio potrebbero risultare vani. Non dimentichiamo poi che il nostro centro ha al suo attivo quasi esclusivamente corsi triennali che consentono agli alunni di assolvere l’obbligo scolastico e di accedere al biennio finale degli istituti superiori attraverso lo strumento della convenzione con le scuole superiori e addirittura con passaggi diretti; e che in questi corsi triennali i docenti sono al 90% laureati così come previsto dalla legge (con esclusione degli insegnanti tecnici tipo parrucchieri, meccanici ed estetiste). Negli altri centri del polo pubblico la realtà non è questa e si potrebbe verificare la possibilità che nell’ambito di una struttura provinciale alcuni docenti vengano utilizzati in altre sedi della provincia.
Gli stessi corsi potrebbero essere trasferiti presso altri comuni o altre sedi con la conseguente perdita per il nostro territorio.
Per concludere la creazione di una struttura comunale che tuteli le attività, gli allievi e il personale e che mantenga il centro all’interno della rete di servizi ai cittadini che ne ha consentito lo sviluppo è assolutamente opportuna, senza per questo escludere a priori la partecipazione a progetti e strutture di iniziativa provinciale.
Il Sindaco Giuseppe Baisi


Per la prima volta, riguardo le sorti del Centro di Formazione Professionale “A.Rosmini”, si esercita “la doverosa riflessione di tutti”. Pubblicamente. Il merito va ascritto all’iniziativa di alcuni insegnanti e lavoratori del Centro, del loro sindacato, di una piccola associazione di iniziativa politica e culturale, La Città dei Diritti e del Sindaco di Tivoli. Il merito va ascritto soprattutto all’Onda Studentesca tiburtina che ha riportato i temi dell’insegnamento pubblico dentro l’agenda della politica cittadina. Questa discussione che diviene pubblica per la prima volta, gioverà sicuramente alle scelte che stanno si compiendo, qualsiasi esse siano. La partecipazione democratica non è una concessione benevolente di chi esercita una pubblica autorità, ma un diritto che si esercita dal basso.?a ricostruzione delle vicende che hanno negli anni interessato il Centro Rosmini, le consegniamo agli archivisti e agli bibliotecari. A tutti preme sapere quale sarà il FUTURO di un’azienda pubblica che – lo sappiamo adesso– impiega 84 (ottantaquattro persone) e presta un servizio formativo a 800 ragazzi. In questo caso, “eccessive semplificazioni” aiutano a comprendere più facilmente quello di cui si parla: salario, posto di lavoro, qualità della didattica.Se il Sindaco ci ha chiarito la ricostruzione storica, analoga chiarezza la vorremmo riscontrare sulle prospettive e sul perché certe scelte si stanno compiendo e non altre, altrettanto praticabili.E’ evidente che la riforma del Titolo V della Cost. si applica alla generalità dei Comuni, che i rilievi della Corte dei Conti valgono anche per gli altri enti locali e che leggi regionali e delibere provinciali si estendono a tutto il territorio di loro competenza.1. Detto questo, la prima domanda da fare è: quali scelte Anzio, Monterotondo, Fiumicino e Roma, con i loro centri di formazione comunali, stanno compiendo?Tutti pensano a scelte diverse dalla privatizzazione, sostenendo come, fa il responsabile del centro di Monterotondo che “la gestione diretta ottimizzi l’utilizzo delle risorse pubbliche” e garantisca i livelli occupazionali e la qualità dell’insegnamento.La dimensione rilevante che ha assunto nel corso degli ultimi 8 anni il Centro Rosmini,- rilevante sotto i punti di vista, economici, gestionali, formativi – sembra indurre a conclusioni enfatiche e fuorvianti. 2. La seconda domanda, infatti, è: perché il centro è cresciuto in maniera così rilevante?Proprio perché pubblica e diretta è stata la gestione del centro, si è potuto raggiungere gli standard che si sono raggiunti, avendo assicurati e certi i canali di finanziamento provinciali su fondi regionali ed europei. Non risultano performance altrettanto brillanti conseguite da centri privati di formazione professionale.3. La terza domanda è: perché adesso scegliere una strada diversa? Perché ce lo chiede la Corte dei Conti? Ma la Corte dei Conti non ci chiede di privatizzare. Ci chiede e non oggi, ma “dal 1999”, di mettere in campo strade diverse da una gestione che potrebbe avere ripercussioni negative sul bilancio comunale.Una delle ipotesi che stanno in campo prevede che tutti i centri di formazione professionale diano vita ad un Ente Pubblico per la formazione professionale provinciale, in modo tale da garantire posti di lavoro e qualità pubblica della formazione professionale. Quanto migliore possa essere la qualità della formazione professionale pubblica lo si spiega dal fatto che la Provincia ha competenza sui Centri per l’Impiego e sui bandi della formazione professionale e quindi si spiega con la possibilità di mettere in campo un’azione di sistema che metta in rete aziende, mercato del lavoro e formazione professionale.4. La quarta domanda è: perché non viene presa in considerazione l’ipotesi di scartare la privatizzazione e aderire ad un ente strumentale della Provincia, magari soltanto in prima battuta? Si fa sempre in tempo a mettere su una società se proprio la strada del polo pubblico non è la migliore. Difficile è il contrario.Forse perché “si potrebbe verificare la possibilità che nell’ambito di una struttura provinciale alcuni docenti vengano utilizzati in altre sedi della provincia.”? Di fronte al rischio di perdere il lavoro, in tempi come questi e con un CFP privatizzato fuori il polo pubblico della formazione professionale, si pensa realisticamente che qualcuno possa aver paura di fare qualche km in più per lavorare?5. La quinta domanda è: i livelli di efficienza garantiti fin qui da responsabili e dirigenti comunali come è possibile continuare a garantirli con un consiglio di amministrazione di nomina politica?6. La sesta domanda è: perché prevedere la possibilità che entrino capitali privati – fino al 49% - a gestire quello che dovrebbe essere senza fine di lucro?Non abbiamo certezze ideologiche da contrapporre a nessuno, ma soltanto domande che cercano risposte.
Per La Città dei Diritti Meschini Francesco

venerdì 21 novembre 2008

FIACCOLATA

SIAMO PRONTI!
DOMANI APPUNTAMENTO ALLE ORE 16.15
A PIAZZA MASSIMO (DAVANTI MUTUA).
VENITE MUNITI DI FIACCOLE E IN TANTE E TANTI

mercoledì 19 novembre 2008

Proposte

E' tempo di essere propositivi. Prendiamo esempio dall'università e cominciamo tutti insieme a riflettere su quale scuola vogliamo. Coinvolgiamo genitori, studenti e ata in questa riflessione e a partire dalla prossima settimana possiamo organizzare momenti di studio. Per iniziare vi segnalo il link del sito della legge di iniziativa popolare che l'anno scorso è stata presentata in Parlamento (e lì giace) dai Comitati buona scuola che potrebbe essere un buon punto di partenza per la discussione: www.leggepopolare.it

lunedì 17 novembre 2008

Dall'università

"Una marea gioiosa e propositiva ha invaso la cittá universitaria de LaSapienza:
due giorni intensi di assemblee, workshop e musica in cui le diverse figure
della formazione hanno continuato a dare corpo a quell'incredibile momento
costituente che è l'autoriforma dell'Universitá. L'autoriforma come processo che
già vive nelle pratiche del movimento, come passaggio di consolidamento delle
forme di autorganizzazione e rilancio degli elementi del conflitto."

Visita il sito www.uniriot.org e leggi i documenti prodotti dall'assemblea

venerdì 14 novembre 2008

FIACCOLATA

COGITO ERGO PROTESTO
Sabato 22 novembre ore 16:30
fiaccolata in difesa della
SCUOLA PUBBLICA:
LA SCUOLA
DI TUTTI E DI OGNUNO!
PERCORSO:PIAZZA MASSIMO (ex mutua), PIAZZA RIVAROLA, VIA PALATINA, VIA DEL TREVIO, PIAZZA SANTA CROCE, PIAZZA GARIBALDI.

Comitato in difesa della scuola pubblica
BLOG:www.difendiamolascuolapubblica.blogspot.com

Riunione

Nella riunione di questo pomeriggio che si è svolta al liceo classico di Tivoli erano presenti diversi docenti di scuole secondarie e primarie, ata e studenti dello scientifico e dell'istituto d'arte. Si è stabilita la data della fiaccolata: sabato 22 novembre ore 16.30; il percorso: da piazzale Massimo (mutua) a piazza Garibaldi passando per via Palatina e il Trevio. E' stato redatto il volantino che troverete sul blog, ogni istituto lo può copiare, fotocopiare e distribuire. Per quanto riguarda le fiaccole ogni scuola compra le proprie facendo una piccola raccolta fondi. La fiaccolata termina a piazzale Garibaldi con dei piccoli interventi di docenti, genitori, studenti e una piccola mostra. Per il materiale per l'amplificazione ci pensa lo Spallanzani, mentre il materiale per la mostra lo portano gli studenti dell'istituto d'arte.

mercoledì 12 novembre 2008

fiaccolata

La riunione preliminare per la fiaccolata è fissata per venerdì 14 alle 14.30 presso il Liceo Classico A. di Savoia di Tivoli. La fiaccolata è stata spostata per problemi organizzativi alla prossima settimana

lunedì 10 novembre 2008

Fiaccolata

E' partita la proposta per una fiaccolata a Tivoli sia dall'assemblea di venerdì che dagli studenti dello Spallanzani. E' prevista una riunione operativa a breve chiunque sia interessato può contattarci: comitato-.cittadino@tele2.it

sabato 8 novembre 2008

Scuse

Ci scusiamo pubblicamente con il Sindaco di Castel Madama Giuseppe Salinetti che ha partecipato all'assemblea del 7 novembre sula "riforma Gelmini". Purtroppo la mancata registrazione della richiesta di intervento per una incomprensione della presidenza e un precedente impegno del Sindaco hanno fatto sì che il suo intervento venisse a mancare. Lo invitiamo pertanto a inviarci tramite mail un documento che tempestivamente pubblicheremo, Questo vale anche per tutti quei partecipanti che per motivi di tempo non sono riusciti ad intervenire.

Assemblea

L'assemblea di ieri 7 novembre 2008 è stata partecipata e sentita. Molti gli interventi: studenti universitari, docenti, genitori e dirigenti scolastici hanno espresso la loro contrarietà alla "Riforma Gelmini" in maniera analitica ed articolata, ma soprattutto è emersa la necessità di mantenere vivo l'interesse per il mondo della scuola e per la mobilitazione in atto, sottolineando l'esigenza di formulare idee circa la scuola che vorremmo. Numerose quindi le iniziative proposte:
a) istituire gruppi di studio sul DL 133(Valentina, studentessa universitaria)
b) aprire discussioni ad ampio raggio (Dott.ssa Valente, Dirigente Scolastico)
c) creazione di un tavolo di discussione per arrivare ad un testo condiviso con il comitato da portare in discussione in Consiglio Comunale e da inviare al Ministro (Giuseppe Baisi, Sindaco di Tivoli)
d) fiaccolata
e) possibilmente:notte bianca (Consigliere Tognazzi)
f) lezioni nelle piazze
Appuntamento a tutto il comitato ad una prossima riunione (luogo e data da definire) per discutere sul da fare.

giovedì 6 novembre 2008

TESI SPARSE SULLA SCUOLA

Tesi 1. La scuola è pubblica

Lo è in due modi. Lo è perché, in quanto garantita dall’ente pubblico, consente la manifestazione della pluralità e della diversità della sfera sociale pubblica. La scuola privata, derivazione della volontà dell’ente familiare di trasmettere un ordine di valori e di contenuti definiti a priori al di qua della dimensione pubblica, impone un solo sistema di principi desunti dalla tradizione e non dalla discussione pubblica. Nella prima lo studente sceglie di fronte a un’offerta plurima, nella seconda accetta ciò che non ha alternative.

La scuola è pubblica anche in un altro senso. Non solo si alimenta del pubblico, ma ne consente la sopravvivenza. Lo spazio pubblico è quello nel quale si discutono le questioni di natura esclusivamente collettiva e che richiedono, in quanto tali, il confronto collettivo. La scuola pubblica, non certamente la scuola privata, si articola in organismi di tipo collegiale che permettono tale genere di confronto e che producono, rifluendo in tutte le componenti che la contraddistinguono, un’attitudine nei cittadini all’uso degli strumenti di confronto pubblico e all’accettazione della sfera pubblica come luogo specifico della relazione collettiva e sociale.


Tesi 2. La scuola pubblica è esperienza di democrazia

La scuola, oltre a trasmettere, saperi disciplinari e competenze specifiche, è anche già, in sé e per sé, formativa dei valori democratici in quanto esperienza democratica diretta. Lo studente non ha necessariamente bisogno di leggere la Costituzione o le apologie dell’idea democratica per conoscere la democrazia. Nella scuola è in grado di viverla come esperienza perché conosce, senza aver bisogno di concettualizzarla, la diversità sociale, la discussione pubblica, i problemi della socialità, la convivenza con gli altri, il rapporto con l’autorità, la possibilità di eleggere, la libertà di scelta … -ovvero, in altre parole, ciò che sostanzia l’istituto collettivo della democrazia. Se si intende conservare tale istituto e attorno ad esso costruire il valore della società, è necessario comprendere che la scuola, prima ancora della famiglia, è la vera cellula staminale di questo processo.


Tesi 3. La scuola deve diventare la questione centrale nell’agenda politica e nel dibattito dell’opinione pubblica

Questa tesi consegue dalla precedente. Accettando il valore della democrazia e riconoscendo che la storia ci ha consegnato l’idea democratica come la più adatta ad esprimere il senso della società buona e la più rispettosa della dignità dell’uomo; compreso che non esiste democrazia senza autocoscienza e libertà dei singoli; stabilito che la scuola pubblica vuole essere e cerca di essere proprio questo, esperienza di libertà e processo cumulativo di sapere e autoconsapevolezza; ne segue che la democrazia evolve se evolve la scuola, che la democrazia è un valore portante della società se lo è allo stesso tempo la scuola pubblica. Non c’è parola della politica e dell’opinione pubblica sedicente democratica che abbia valore se contemporaneamente, non più a parole ma nei fatti, si agisce per impoverire e depotenziare la scuola. Le dichiarazioni senza impegno di coloro che esaltano la democrazia sono confutate dalle scelte legislative degli stessi, che invece subordinano sempre i fini della scuola ad altri ordini di obiettivi (economici, produttivi, politici …). E’ giunta l’ora di smascherare questo ossimoro.


Tesi 4. La scuola è fine in sé

O anche, se si vuole, è imperativo categorico. Prima ancora di ottenere scopi ipotizzati quali la formazione e la creazione di produttori, tecnici, burocrati, dirigenti per le esigenze funzionali del sistema; prima ancora di rispettare l’obbligo di preparare i giovani alle richieste degli ordinamenti nazionali e internazionali di valutazione delle competenze; prima di attenersi ai criteri della produttività sociale; prima di tutto questo, il valore formativo della scuola è dato in sé, categoricamente, in quanto esperienza da cui l’individuo trae gli elementi costitutivi della sua natura sociale e relazionale. D’altronde, al di là della formazione professionale, che si genera attraverso l’attività pratica nel settore piuttosto che tramite la preparazione generalista di tipo scolastico, al di là del sapere erudito, che deve consentire all’individuo di immettersi e integrarsi nel mainstream della cultura tradizionale, ciò che soprattutto resta in ognuno di noi dell’esperienza scolastica che ha vissuto è, appunto, l’esperienza stessa di conoscere la vita di relazione, di entrare in contatto con le regole del sistema democratico, di scegliere, tra i tanti valori spirituali proposti al suo interno, quelli con cui nutrire la propria evoluzione personale. La scuola alleva, in primo luogo, soggetti in grado di abitare lo spazio pubblico e di farlo rispettando il senso della relazione democratica, avendo avuto esperienza di questa relazione e avendola fatta propria in modo quasi subliminale. Soltanto secondariamente la scuola produce anche tecnici ed eruditi, potendo essere subordinatamente anche un’istituzione di apprendistato o un’accademia. Ma principalmente ed essenzialmente essa non può che essere se stessa e fine in sé. Si può immaginare allora, per ogni futura politica, un precetto del genere: “agisci in modo da trattare la scuola pubblica e democratica sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”.


Tesi 5. Non c’è subordinazione della scuola a nessun fattore di tipo economico

E’ una tesi desumibile come corollario dalla tesi 4. La scuola, certamente, in ragione dei suoi costi, dipende dall’economia e dalle finanze che le si devono garantire. Questo è vero soprattutto per la scuola di massa, ovvero per la scuola democratica, data l’inclusività di ogni individuo che ha il compito di realizzare e considerata la vastità della dimensione sociale che deve abbracciare. Tuttavia ciò non vuole dire subordinazione della scuola ai sistemi e ai valori economicisti della società. Tali valori sono pensati e ordinati per l’aumento del benessere materiale della società nella convinzione che il miglioramento civile e spirituale degli individui cresca parallelamente e contestualmente al crescere del loro livello di benessere economico. L’equazione è errata e l’errore consiste nella convinzione che ogni grado in più del progresso economico corrisponde a un identico grado in più del progresso civile e spirituale. E’ vero che senza una garanzia minima di risorsa economica è difficile pensare che gli uomini possano impegnarsi ad essere migliori come individui e cittadini, ma il percorso delle due progressioni corre parallelo solo fino ad un certo punto oltre il quale il progresso economico, lungi dal contribuire e sviluppare anche il progresso civile e spirituale, ne ostacola al contrario lo sviluppo, trasformandosi in logica semplicemente produttivista e consumista. La scuola deve essere svincolata da ogni ideologia che vuole imporre questa equazione estesa, la quale finisce inevitabilmente per considerare la scuola come uno dei mezzi a disposizione per incrementare il sistema produttivista e consumista ritenuto capace di sviluppare, in parallelo, anche quello civile e morale. Deve esistere ed essere coltivata nella scuola ogni forma di insubordinazione a questa concezione economicista che vorrebbe fare degli individui principalmente membri funzionali e ausiliari alle esigenze produttiviste della società. Ne va dell’autonomia della scuola, nel senso spiegato nella tesi 4, e della possibilità di reinserire il valore della materialità in una visione meno dogmatica e più adatta a compensare tale valore, e in molti casi a subordinarlo, a quello della libera manifestazione della spiritualità individuale. Si deve pertanto affermare che


Tesi 6. La scuola è improduttiva

Il termine produzione è economicistico poiché, inteso ormai sempre più spesso come dogma valoriale incontestato, non mostra in realtà l’operazione ideologica che nasconde, quella di spacciare il sistema delle relazioni capitalistiche di mercato come le uniche dotate di validità ed efficacia e quella di ridurre all’utile economico ogni altro insieme di possibili sviluppi della persona umana. La scuola non produce merci ed è sommamente improduttiva per questa ideologia. Per renderla produttiva questa stessa ideologia ha bisogno di pensare la scuola come un sistema che, pur non producendo direttamente merci, può tuttavia funzionare a favore del sistema delle merci, impegnandosi nella creazione di individui che diventino in futuro componenti funzionali del sistema delle merci (il mondo della professionalità) e consumatori delle merci prodotte da quel sistema. La scuola riacquista un valore funzionale per questa ideologia nel momento in cui diminuisce i suoi costi (razionalizzazione economica) e quando riesce a formare competenze per il mondo del lavoro (professionalizzazione della scuola). Per liberarsi dalla morsa di questo economicismo bisogna affermare una volta per tutte che la scuola è improduttiva. E lo è sia per la sua natura intrinseca (non c’è modo alcuno di mercificare l’essenza dell’agire educativo), sia perché al suo interno vi si svolge un lavoro di analisi culturale continua che è il mezzo migliore grazie al quale criticare (e in molti casi a smascherare) ogni forma di ideologia (compresa quella economicista), sia perché nella scuola le forze all’opera (la componente giovanile, la componente intellettuale) risultano tra le più adatte a far valere il valore dei principi anti-produttivisti della libertà critica e dell’indipendenza dalla mercificazione contro ogni dogmatismo funzionale alle esigenze dell’economicismo. “Contestiamo una cultura che crea negli individui dei bisogni fondamentali, non in funzione degli interessi umani, ma degli interessi dell’economia che essa serve. Contestiamo una cultura che colloca tutte le manifestazioni culturali in un vasto programma di consumo”.


Tesi 7. La scuola non è merce

Il processo di mercificazione della cultura avviatosi nel mondo occidentale negli ultimi decenni è nato in seguito alla scoperta che nessun altro tipo di merce poteva garantire maggiori profitti di quello che fa leva sui bisogni dell’immaginazione, dei contenuti simbolici, delle idee degli individui. La copertura universale garantita dal media televisivo, la possibilità di doppiare la realtà (fino a farla scomparire) fornita dai mezzi audiovisivi, lo sfruttamento del profondo bisogno umano di comunicare realizzato dai sistemi globali di telefonia, la colonizzazione dell’immaginario umano prodotto dagli strumenti informatici –tutto questo è ormai diventato uno dei grandi business dell’economia delle multinazionali. Nell’economia globale il profitto è ottenuto sempre di più intervenendo sui bisogni culturali degli individui e rendendo merce di mercato esigenze spirituali quali la comunicazione, l’immaginazione, il gusto estetico, i sentimenti, le idee. La scuola resiste ancora ai tentativi di invasione provenienti da questo sistema e la sua impermeabilità è data da due fattori. Il primo è dato dalla consapevolezza che il sapere che trasmette è ancora di tipo concettuale e critico: in quanto concettuale è prodotto di analisi puramente logica ed è dunque irriducibile alla dimensione audiovideologica che, per la sua natura di immediatezza non concettuale, ha più difficoltà a favorire la comprensione dell’opera di mercificazione della cultura in corso; in quanto concettuale inoltre, tale sapere è necessariamente critico, cioè capace di giudicare i condizionamenti ideologici nascosti dietro i più comuni modelli di consumo culturale e comunicativo dei nostri tempi. Il secondo fattore è che la scuola non produce idee o prodotti culturali che potrebbero facilmente essere integrati nel sistema mercificante dell’economia globale, ma cerca di aiutare gli individui a diventare soggetti di idee o produttori di cultura e quando questo avviene la consapevolezza di cui tali soggetti si dotano è la risorsa migliore affinché nulla nella loro esistenza venga mercificato o colonizzato dai dogmi di un’ideologia di cui possono smascherare il pregiudizio. La scuola non è mercificabile, ovvero non è riducibile al sistema economicistico che vorrebbe trarre anche da essa, come da ogni altra istituzione sociale, prodotti da inserire nel mercato per perpetuare il profitto. Non lo è perché ciò che produce è quanto di più antiproduttivo esista, vale a dire la possibilità di essere autonomi nel pensiero e nell’immaginazione e la possibilità di essere critici su ogni cosa e, massimamente, sull’esistente. La scuola è in grado di produrre principi di dissoluzione del modello economicista poiché è in grado di sottrarsi al dogma triadico dominante secondo il quale formazione – produzione – consumo sono i tre aspetti collegati e inscindibili di un’idea virtuosa di crescita dell’umanità. Se la scuola non riesce a fare questo perde la sua battaglia con i valori e le forze dell’economicismo e perde la sua ragion d’essere.


Tesi 8. La scuola forma persone e cittadini

In quanto tale essa sviluppa la dimensione privata e pubblica degli individui. La formazione entro la sfera privata di ciò che chiamiamo persone concerne la possibilità di garantire a ognuno gli strumenti dell’autocomprensione e dell’autorealizzazione a partire dalla capacità di attribuire alla propria esistenza un’autonoma direzione di senso. La formazione entro la sfera pubblica di ciò che chiamiamo cittadini riguarda, invece, la possibilità di garantire a tutti la capacità di percepirsi come individui calati nella relazione con gli altri, di soggetti il cui privato è sempre pubblico perché il pubblico interferisce e configura inevitabilmente il privato, di acquisire conoscenze e competenze per vivere attivamente e consapevolmente la società. Tutto ciò esclude che la scuola possa essere indirizzata a formare primariamente altre categorie di individualità. Essa, nell’ambito della dimensione privata, non può rivolgersi alla costruzione degli eruditi, ovvero di coloro che accolgono il sapere non per la reale trasformazione migliorativa del proprio sé, ma semplicemente per soddisfare le richieste dell’istituzione accademica e della scienza professorale, che identifica nell’approdo universitario l’unico significato autentico di ogni carriera scolastica (sistema liceale della scuola). Essa non può neppure rivolgersi, relativamente all’ambito della dimensione pubblica, alla formazione di semplici tecnici, ovvero di coloro la cui competenza è costruita non per ricoprire un ruolo politico attivo nella società, ma per soddisfare le esigenze meccaniche e gestionali del sistema produttivo sociale che mira ad utilizzarli al pari di meri elementi funzionali (sistema professionale della scuola). La divisione della scuola nell’ordinamento liceale e in quello professionale nasconde senza troppo pudore l’obiettivo di conservare l’alienazione dell’individuo rispetto alle reali esigenze che lo caratterizzano come soggetto personale privato e come cittadino politicamente attivo. Affinché la scuola riacquisti una reale capacità di formare autenticamente persone e cittadini occorre svincolarla dai legami di subordinazione che la tengono stretta all’università e al sistema produttivo. Occorre dire che la scuola fa da sé, che non può piegarsi ai diktat delle facoltà universitarie o delle aziende perché non si possono avere laureati o tecnici senza pensare prima che ciò di cui la società ha bisogno sono innanzi tutto persone e cittadini. Precetto per i politici e gli esperti che si adopereranno in futuro per la riforma della scuola: “Riforma tenendo presente che la scuola deve formare individui presenti in ogni spazio sociale, privato e pubblico, e non solo componenti aziendali o esperti del sapere scientifico”.


Tesi 9. La scuola è comunità

Prima di essere funzione istituzionale, prima di valere per altri sistemi, prima di contare per la produttività generale, prima di ogni esigenza di riproduzione dei valori sociali e tradizionali –prima di ogni altra cosa la scuola è comunità di docenti e studenti. Ovvero luogo di una possibile esperienza spirituale e culturale condivisa in cui discutere del vero, godere del bello, definire il bene e da cui uscire con la forza di un’identità consapevole. Nello scambio di sapere tra un principio di emissione e un principio di ricezione si costituisce la comunanza ricettivo-emissiva che trasforma gli individui in persone e cittadini. Prima di occupare ruoli funzionali fissi all’interno della società destinati a durare una vita (spesso secondo modalità insoddisfacenti), ai giovani la scuola offre la riformulazione continua dei contenuti spirituali, che è condizione di libertà, e la sperimentazione della molteplicità dei rapporti relazionali e culturali, che è condizione della conoscenza dell’altro. La scuola permette, attraverso la libertà che in essa si può esprimere, la consapevolezza di sé e permette, attraverso il legame con l’altro culturale, la cognizione del mondo. Tutto questo in un contesto di frequentazione giornaliera che genera il senso coesivo e riflessivo dell’unico modello veramente comunitario a cui è possibile oggi appigliarsi in una realtà di dissoluzione atomistica delle relazioni umane quale quella che sperimentiamo nelle società globalizzate e consumiste. L’unico luogo dove è ancora possibile dialogare, insieme e quotidianamente, del vero, del bello, del bene e da dove i soggetti possono uscire trasformati in ciò che decideranno liberamente di essere. Per questo e per tutto quanto oltre questo la scuola rappresenta, l’ultima tesi non può che assumere la forma del postulato prescrittivo:


Tesi 10. Difendiamo la scuola pubblica


Lancelot


martedì 4 novembre 2008

Assemblea

Confermata l'assemblea per il 7 novembre alle Scuderie Estensi di Tivoli ore 16.30
Di seguito vi riporto la lettera-invito per i dirigenti scolastici della vostra scuola potete copiarla e stampare e consegnare al vostro preside. Più in basso nel blog (in rosso) trovate il volantino anche questo lo potete stampare e affiggere nella vostra scuola.
Diffondete la notizia il più possibile


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AL DIRIGENTE SCOLASTICO DELL’ISTITUTO
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Oggetto: Invito Assemblea Pubblica


Gentile Dirigente Scolastico,
con la presente la invitiamo a partecipare alla

ASSEMBLEA PUBBLICA
CONTRO LA
LEGGE n° 133/2008 E IL DECRETO LEGGE n° 137/2008
(PIANO GELMINI)
organizzata per il
7 novembre alle ore 16:30
presso le Scuderie Estensi – Piazza Garibaldi,
TIVOLI

E’ importante che tutti gli operatori e gli utenti della scuola partecipino e si mobilitino unitariamente contro i provvedimenti governativi i cui effetti stanno già travolgendo il nostro Sistema di Istruzione Pubblica, minando profondamente il futuro delle nuove generazioni e, conseguentemente, il futuro del nostro Paese.

La aspettiamo.

Cordiali saluti.


COMITATO CITTADINO
IN DIFESA DELLA SCUOLA PUBBLICA
RETE LOCALE AREA TIBURTINA

http://www.difendiamolascuolapubblica.blogspot.com/

domenica 2 novembre 2008

Riunione

Ricordo a tutti la riunione del 4 novembre ore 14.30 presso lo Spallanzani per organizzare l'assemblea pubblica di Venerdì 7 novembre alle Scuderie Estensi.