giovedì 6 novembre 2008

TESI SPARSE SULLA SCUOLA

Tesi 1. La scuola è pubblica

Lo è in due modi. Lo è perché, in quanto garantita dall’ente pubblico, consente la manifestazione della pluralità e della diversità della sfera sociale pubblica. La scuola privata, derivazione della volontà dell’ente familiare di trasmettere un ordine di valori e di contenuti definiti a priori al di qua della dimensione pubblica, impone un solo sistema di principi desunti dalla tradizione e non dalla discussione pubblica. Nella prima lo studente sceglie di fronte a un’offerta plurima, nella seconda accetta ciò che non ha alternative.

La scuola è pubblica anche in un altro senso. Non solo si alimenta del pubblico, ma ne consente la sopravvivenza. Lo spazio pubblico è quello nel quale si discutono le questioni di natura esclusivamente collettiva e che richiedono, in quanto tali, il confronto collettivo. La scuola pubblica, non certamente la scuola privata, si articola in organismi di tipo collegiale che permettono tale genere di confronto e che producono, rifluendo in tutte le componenti che la contraddistinguono, un’attitudine nei cittadini all’uso degli strumenti di confronto pubblico e all’accettazione della sfera pubblica come luogo specifico della relazione collettiva e sociale.


Tesi 2. La scuola pubblica è esperienza di democrazia

La scuola, oltre a trasmettere, saperi disciplinari e competenze specifiche, è anche già, in sé e per sé, formativa dei valori democratici in quanto esperienza democratica diretta. Lo studente non ha necessariamente bisogno di leggere la Costituzione o le apologie dell’idea democratica per conoscere la democrazia. Nella scuola è in grado di viverla come esperienza perché conosce, senza aver bisogno di concettualizzarla, la diversità sociale, la discussione pubblica, i problemi della socialità, la convivenza con gli altri, il rapporto con l’autorità, la possibilità di eleggere, la libertà di scelta … -ovvero, in altre parole, ciò che sostanzia l’istituto collettivo della democrazia. Se si intende conservare tale istituto e attorno ad esso costruire il valore della società, è necessario comprendere che la scuola, prima ancora della famiglia, è la vera cellula staminale di questo processo.


Tesi 3. La scuola deve diventare la questione centrale nell’agenda politica e nel dibattito dell’opinione pubblica

Questa tesi consegue dalla precedente. Accettando il valore della democrazia e riconoscendo che la storia ci ha consegnato l’idea democratica come la più adatta ad esprimere il senso della società buona e la più rispettosa della dignità dell’uomo; compreso che non esiste democrazia senza autocoscienza e libertà dei singoli; stabilito che la scuola pubblica vuole essere e cerca di essere proprio questo, esperienza di libertà e processo cumulativo di sapere e autoconsapevolezza; ne segue che la democrazia evolve se evolve la scuola, che la democrazia è un valore portante della società se lo è allo stesso tempo la scuola pubblica. Non c’è parola della politica e dell’opinione pubblica sedicente democratica che abbia valore se contemporaneamente, non più a parole ma nei fatti, si agisce per impoverire e depotenziare la scuola. Le dichiarazioni senza impegno di coloro che esaltano la democrazia sono confutate dalle scelte legislative degli stessi, che invece subordinano sempre i fini della scuola ad altri ordini di obiettivi (economici, produttivi, politici …). E’ giunta l’ora di smascherare questo ossimoro.


Tesi 4. La scuola è fine in sé

O anche, se si vuole, è imperativo categorico. Prima ancora di ottenere scopi ipotizzati quali la formazione e la creazione di produttori, tecnici, burocrati, dirigenti per le esigenze funzionali del sistema; prima ancora di rispettare l’obbligo di preparare i giovani alle richieste degli ordinamenti nazionali e internazionali di valutazione delle competenze; prima di attenersi ai criteri della produttività sociale; prima di tutto questo, il valore formativo della scuola è dato in sé, categoricamente, in quanto esperienza da cui l’individuo trae gli elementi costitutivi della sua natura sociale e relazionale. D’altronde, al di là della formazione professionale, che si genera attraverso l’attività pratica nel settore piuttosto che tramite la preparazione generalista di tipo scolastico, al di là del sapere erudito, che deve consentire all’individuo di immettersi e integrarsi nel mainstream della cultura tradizionale, ciò che soprattutto resta in ognuno di noi dell’esperienza scolastica che ha vissuto è, appunto, l’esperienza stessa di conoscere la vita di relazione, di entrare in contatto con le regole del sistema democratico, di scegliere, tra i tanti valori spirituali proposti al suo interno, quelli con cui nutrire la propria evoluzione personale. La scuola alleva, in primo luogo, soggetti in grado di abitare lo spazio pubblico e di farlo rispettando il senso della relazione democratica, avendo avuto esperienza di questa relazione e avendola fatta propria in modo quasi subliminale. Soltanto secondariamente la scuola produce anche tecnici ed eruditi, potendo essere subordinatamente anche un’istituzione di apprendistato o un’accademia. Ma principalmente ed essenzialmente essa non può che essere se stessa e fine in sé. Si può immaginare allora, per ogni futura politica, un precetto del genere: “agisci in modo da trattare la scuola pubblica e democratica sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”.


Tesi 5. Non c’è subordinazione della scuola a nessun fattore di tipo economico

E’ una tesi desumibile come corollario dalla tesi 4. La scuola, certamente, in ragione dei suoi costi, dipende dall’economia e dalle finanze che le si devono garantire. Questo è vero soprattutto per la scuola di massa, ovvero per la scuola democratica, data l’inclusività di ogni individuo che ha il compito di realizzare e considerata la vastità della dimensione sociale che deve abbracciare. Tuttavia ciò non vuole dire subordinazione della scuola ai sistemi e ai valori economicisti della società. Tali valori sono pensati e ordinati per l’aumento del benessere materiale della società nella convinzione che il miglioramento civile e spirituale degli individui cresca parallelamente e contestualmente al crescere del loro livello di benessere economico. L’equazione è errata e l’errore consiste nella convinzione che ogni grado in più del progresso economico corrisponde a un identico grado in più del progresso civile e spirituale. E’ vero che senza una garanzia minima di risorsa economica è difficile pensare che gli uomini possano impegnarsi ad essere migliori come individui e cittadini, ma il percorso delle due progressioni corre parallelo solo fino ad un certo punto oltre il quale il progresso economico, lungi dal contribuire e sviluppare anche il progresso civile e spirituale, ne ostacola al contrario lo sviluppo, trasformandosi in logica semplicemente produttivista e consumista. La scuola deve essere svincolata da ogni ideologia che vuole imporre questa equazione estesa, la quale finisce inevitabilmente per considerare la scuola come uno dei mezzi a disposizione per incrementare il sistema produttivista e consumista ritenuto capace di sviluppare, in parallelo, anche quello civile e morale. Deve esistere ed essere coltivata nella scuola ogni forma di insubordinazione a questa concezione economicista che vorrebbe fare degli individui principalmente membri funzionali e ausiliari alle esigenze produttiviste della società. Ne va dell’autonomia della scuola, nel senso spiegato nella tesi 4, e della possibilità di reinserire il valore della materialità in una visione meno dogmatica e più adatta a compensare tale valore, e in molti casi a subordinarlo, a quello della libera manifestazione della spiritualità individuale. Si deve pertanto affermare che


Tesi 6. La scuola è improduttiva

Il termine produzione è economicistico poiché, inteso ormai sempre più spesso come dogma valoriale incontestato, non mostra in realtà l’operazione ideologica che nasconde, quella di spacciare il sistema delle relazioni capitalistiche di mercato come le uniche dotate di validità ed efficacia e quella di ridurre all’utile economico ogni altro insieme di possibili sviluppi della persona umana. La scuola non produce merci ed è sommamente improduttiva per questa ideologia. Per renderla produttiva questa stessa ideologia ha bisogno di pensare la scuola come un sistema che, pur non producendo direttamente merci, può tuttavia funzionare a favore del sistema delle merci, impegnandosi nella creazione di individui che diventino in futuro componenti funzionali del sistema delle merci (il mondo della professionalità) e consumatori delle merci prodotte da quel sistema. La scuola riacquista un valore funzionale per questa ideologia nel momento in cui diminuisce i suoi costi (razionalizzazione economica) e quando riesce a formare competenze per il mondo del lavoro (professionalizzazione della scuola). Per liberarsi dalla morsa di questo economicismo bisogna affermare una volta per tutte che la scuola è improduttiva. E lo è sia per la sua natura intrinseca (non c’è modo alcuno di mercificare l’essenza dell’agire educativo), sia perché al suo interno vi si svolge un lavoro di analisi culturale continua che è il mezzo migliore grazie al quale criticare (e in molti casi a smascherare) ogni forma di ideologia (compresa quella economicista), sia perché nella scuola le forze all’opera (la componente giovanile, la componente intellettuale) risultano tra le più adatte a far valere il valore dei principi anti-produttivisti della libertà critica e dell’indipendenza dalla mercificazione contro ogni dogmatismo funzionale alle esigenze dell’economicismo. “Contestiamo una cultura che crea negli individui dei bisogni fondamentali, non in funzione degli interessi umani, ma degli interessi dell’economia che essa serve. Contestiamo una cultura che colloca tutte le manifestazioni culturali in un vasto programma di consumo”.


Tesi 7. La scuola non è merce

Il processo di mercificazione della cultura avviatosi nel mondo occidentale negli ultimi decenni è nato in seguito alla scoperta che nessun altro tipo di merce poteva garantire maggiori profitti di quello che fa leva sui bisogni dell’immaginazione, dei contenuti simbolici, delle idee degli individui. La copertura universale garantita dal media televisivo, la possibilità di doppiare la realtà (fino a farla scomparire) fornita dai mezzi audiovisivi, lo sfruttamento del profondo bisogno umano di comunicare realizzato dai sistemi globali di telefonia, la colonizzazione dell’immaginario umano prodotto dagli strumenti informatici –tutto questo è ormai diventato uno dei grandi business dell’economia delle multinazionali. Nell’economia globale il profitto è ottenuto sempre di più intervenendo sui bisogni culturali degli individui e rendendo merce di mercato esigenze spirituali quali la comunicazione, l’immaginazione, il gusto estetico, i sentimenti, le idee. La scuola resiste ancora ai tentativi di invasione provenienti da questo sistema e la sua impermeabilità è data da due fattori. Il primo è dato dalla consapevolezza che il sapere che trasmette è ancora di tipo concettuale e critico: in quanto concettuale è prodotto di analisi puramente logica ed è dunque irriducibile alla dimensione audiovideologica che, per la sua natura di immediatezza non concettuale, ha più difficoltà a favorire la comprensione dell’opera di mercificazione della cultura in corso; in quanto concettuale inoltre, tale sapere è necessariamente critico, cioè capace di giudicare i condizionamenti ideologici nascosti dietro i più comuni modelli di consumo culturale e comunicativo dei nostri tempi. Il secondo fattore è che la scuola non produce idee o prodotti culturali che potrebbero facilmente essere integrati nel sistema mercificante dell’economia globale, ma cerca di aiutare gli individui a diventare soggetti di idee o produttori di cultura e quando questo avviene la consapevolezza di cui tali soggetti si dotano è la risorsa migliore affinché nulla nella loro esistenza venga mercificato o colonizzato dai dogmi di un’ideologia di cui possono smascherare il pregiudizio. La scuola non è mercificabile, ovvero non è riducibile al sistema economicistico che vorrebbe trarre anche da essa, come da ogni altra istituzione sociale, prodotti da inserire nel mercato per perpetuare il profitto. Non lo è perché ciò che produce è quanto di più antiproduttivo esista, vale a dire la possibilità di essere autonomi nel pensiero e nell’immaginazione e la possibilità di essere critici su ogni cosa e, massimamente, sull’esistente. La scuola è in grado di produrre principi di dissoluzione del modello economicista poiché è in grado di sottrarsi al dogma triadico dominante secondo il quale formazione – produzione – consumo sono i tre aspetti collegati e inscindibili di un’idea virtuosa di crescita dell’umanità. Se la scuola non riesce a fare questo perde la sua battaglia con i valori e le forze dell’economicismo e perde la sua ragion d’essere.


Tesi 8. La scuola forma persone e cittadini

In quanto tale essa sviluppa la dimensione privata e pubblica degli individui. La formazione entro la sfera privata di ciò che chiamiamo persone concerne la possibilità di garantire a ognuno gli strumenti dell’autocomprensione e dell’autorealizzazione a partire dalla capacità di attribuire alla propria esistenza un’autonoma direzione di senso. La formazione entro la sfera pubblica di ciò che chiamiamo cittadini riguarda, invece, la possibilità di garantire a tutti la capacità di percepirsi come individui calati nella relazione con gli altri, di soggetti il cui privato è sempre pubblico perché il pubblico interferisce e configura inevitabilmente il privato, di acquisire conoscenze e competenze per vivere attivamente e consapevolmente la società. Tutto ciò esclude che la scuola possa essere indirizzata a formare primariamente altre categorie di individualità. Essa, nell’ambito della dimensione privata, non può rivolgersi alla costruzione degli eruditi, ovvero di coloro che accolgono il sapere non per la reale trasformazione migliorativa del proprio sé, ma semplicemente per soddisfare le richieste dell’istituzione accademica e della scienza professorale, che identifica nell’approdo universitario l’unico significato autentico di ogni carriera scolastica (sistema liceale della scuola). Essa non può neppure rivolgersi, relativamente all’ambito della dimensione pubblica, alla formazione di semplici tecnici, ovvero di coloro la cui competenza è costruita non per ricoprire un ruolo politico attivo nella società, ma per soddisfare le esigenze meccaniche e gestionali del sistema produttivo sociale che mira ad utilizzarli al pari di meri elementi funzionali (sistema professionale della scuola). La divisione della scuola nell’ordinamento liceale e in quello professionale nasconde senza troppo pudore l’obiettivo di conservare l’alienazione dell’individuo rispetto alle reali esigenze che lo caratterizzano come soggetto personale privato e come cittadino politicamente attivo. Affinché la scuola riacquisti una reale capacità di formare autenticamente persone e cittadini occorre svincolarla dai legami di subordinazione che la tengono stretta all’università e al sistema produttivo. Occorre dire che la scuola fa da sé, che non può piegarsi ai diktat delle facoltà universitarie o delle aziende perché non si possono avere laureati o tecnici senza pensare prima che ciò di cui la società ha bisogno sono innanzi tutto persone e cittadini. Precetto per i politici e gli esperti che si adopereranno in futuro per la riforma della scuola: “Riforma tenendo presente che la scuola deve formare individui presenti in ogni spazio sociale, privato e pubblico, e non solo componenti aziendali o esperti del sapere scientifico”.


Tesi 9. La scuola è comunità

Prima di essere funzione istituzionale, prima di valere per altri sistemi, prima di contare per la produttività generale, prima di ogni esigenza di riproduzione dei valori sociali e tradizionali –prima di ogni altra cosa la scuola è comunità di docenti e studenti. Ovvero luogo di una possibile esperienza spirituale e culturale condivisa in cui discutere del vero, godere del bello, definire il bene e da cui uscire con la forza di un’identità consapevole. Nello scambio di sapere tra un principio di emissione e un principio di ricezione si costituisce la comunanza ricettivo-emissiva che trasforma gli individui in persone e cittadini. Prima di occupare ruoli funzionali fissi all’interno della società destinati a durare una vita (spesso secondo modalità insoddisfacenti), ai giovani la scuola offre la riformulazione continua dei contenuti spirituali, che è condizione di libertà, e la sperimentazione della molteplicità dei rapporti relazionali e culturali, che è condizione della conoscenza dell’altro. La scuola permette, attraverso la libertà che in essa si può esprimere, la consapevolezza di sé e permette, attraverso il legame con l’altro culturale, la cognizione del mondo. Tutto questo in un contesto di frequentazione giornaliera che genera il senso coesivo e riflessivo dell’unico modello veramente comunitario a cui è possibile oggi appigliarsi in una realtà di dissoluzione atomistica delle relazioni umane quale quella che sperimentiamo nelle società globalizzate e consumiste. L’unico luogo dove è ancora possibile dialogare, insieme e quotidianamente, del vero, del bello, del bene e da dove i soggetti possono uscire trasformati in ciò che decideranno liberamente di essere. Per questo e per tutto quanto oltre questo la scuola rappresenta, l’ultima tesi non può che assumere la forma del postulato prescrittivo:


Tesi 10. Difendiamo la scuola pubblica


Lancelot


1 commento:

antowood ha detto...

Grazie Lancelot, le tue riflessioni le condivido fortemente. Dopo tanto tempo torniamo a chiederci il senso del nostro mestiere, il fine. Ci vorrebbero esecutori, pragmatici, produttivi. Sempre meno pensanti. Ma non ci stiamo. Antowood